Dic 11 2017

Le attrezzature radiologiche presenti nel nostro studio sono tutte digitali, questo per garantire ai nostri pazienti la massima qualità delle immagini radiologiche con il minimo dosaggio di radiazioni. Lo studio dispone di un ortopanoramico dedicato alle ortopanoramiche digitali. Nelle unità operativa abbiamo un radiografico digitale per effettuare lastrine intraorali.

Il nostro panoramico digitale fa un ulteriore passo avanti nella tecnologia diagnostica digitale ed è in grado di catturare il 90% della radiazione in più rispetto ad un normale panoramico digitale.

Questo si traduce in immagini nitide, senza falsi e soprattutto in una esposizione alle radiazioni ridotta fino a 10 volte rispetto ad una radiografia panoramica tradizionale.

Ago 31 2017

Allo Studio Odontoiatrico Pucci abbiamo detto BASTA ALLE FASTIDIOSE IMPRONTE TRADIZIONALI.
Grazie alla rivoluzionaria tecnologia 3D prendere le impronte dei denti non sarà più così sgradevole.

La tecnica è rivoluzionaria, ma molto semplice, perché il medico non deve fare altro che passare la speciale telecamera sulle vostre arcate dentali e, in pochi minuti, l’operazione è conclusa.
E’ VELOCE perché il computer, durante la scansione, elabora in tempo reale le immagini acquisite, ricostruendo il modello tridimensionale delle vostre arcate, visualizzabile direttamente sullo schermo.
E’ PRECISA perché, grazie alla enorme quantità di dati acquisiti durante la scansione, la precisione del modello 3D sarà ineguagliabile, rispetto al tradizionale modello in gesso; in più, sarà più facile per il medico studiare una cura per il paziente, potendo visualizzare, ed analizzare, da ogni punto di vista e con un grado di estrema precisione il modello delle vostre arcate.
E’ SICURA perché non c’è alcun tipo di radiazione, ma solo una luce a Led che illumina i vostri denti, per una ripresa ottimale.

L’impronta digitale rappresenta oggi l’avanguardia dal punto di vista tecnologico degli strumenti a disposizione del clinico.
VANTAGGI con la presa d’impronta digitale:

L’impronta digitale è PIÙ FACILE E VELOCE DA REALIZZARE, richiede meno manualità e RILEVA MEGLIO IL MARGINE GENGIVALE.

Feb 11 2013

Lo studio Pucci di Roma è ora convenzionato con il è Garage Properzio situato a soli 200 metri dal nostro indirizzo.
I nostri pazienti usufruiranno di un’ora di parcheggio gratuita presso il Garage Properzio, così da evitare inutili perdite di tempo e pazienza nel ricercare un posto auto libero nel quartiere.

La nostra segreteria rilascerà un buono da consegnare al parcheggio al momento del ritiro dell’auto.

Garage Properzio

Via Properzio, 11, 00193 Roma (vedi su google maps)
200 mt dallo studio

l’autorimessa rispetta i seguenti orari d’apertura:
dal Lunedì al Sabato, dalle 06:00 alle 01:30

Il parcheggio è presidiato.

Mag 31 2012

E sempre più persone attribuiscono valore all’estetica del sorriso, per esempio in un’indagine condotta dall’American Academy of Periodontology, per il campione intervistato l’odontoiatria estetica è sette volte più desiderabile di un lifting e cinque volte più desiderabile di una blefaroplastica.

La mancanza di uno o più denti, i difetti di tinta e forma, gli spazi indesiderati, gli affollamenti e le sovrapposizioni sono imperfezioni dentali che deturpano il sorriso e possono minare la sicurezza in se stessi nelle più varie forme di interazione sociale, soprattutto in quelle importanti quali un primo appuntamento, un colloquio di lavoro.

Come si disegna un sorriso
Sono in sostanza tre gli stili di base di un sorriso, e per ciascuno esistono diverse, sottili variazioni sul tema. Un sorriso sexy mostra delle disuguaglianze nella lunghezza dei denti. Durante l’infanzia, gli incisivi centrali tendono infatti a essere più lunghi degli altri denti anteriori, una caratteristica che di solito non resiste alla crescita e all’invecchiamento; perciò, gli incisivi centrali prominenti sono un ambìto marchio di gioventù. Nel sorriso sexy questi denti sono significativamente più lunghi di quelli laterali per produrre un effetto di giovinezza e di incisività, ma anche di calore e di tenerezza. Lo sguardo dell’osservatore è attratto dalla parte centrale del viso, nella quale vengono enfatizzati il naso e le guance. È un’estetica adatta a persone con labbra carnose e prominenti. Il sorriso sofisticato è invece caratterizzato da denti allineati lungo una linea orizzontale diritta, che contribuisce a conferire alla persona un aspetto maturo e intelligente. È un sorriso che tende a enfatizzare la parte inferiore del viso. Quando spuntano, i denti sono più disuguali in lunghezza, ma gli anni che passano tendono a uniformarli; per questo, un sorriso nel quale i denti sono tutti lunghi allo stesso modo suggerisce saggezza e sofisticazione. Infine, il sorriso sportivo è una via di mezzo tra quello sexy e quello sofisticato, perché gli incisivi centrali sono un po’ più lunghi dei denti laterali. È il sorriso di una persona rilassata e informale, dato che non è né serio come il sorriso sofisticato, né giovanile come quello sexy.

Il disegno di un sorriso è influenzato da una serie di fattori. La forma del viso è il primo di questi aspetti, per esempio un volto lungo richiede un’accentuazione della larghezza per apparire più ovale, mentre una persona con la parte centrale del viso molto attraente o particolare può rendere gli incisivi centrali più visibili per attirare l’attenzione proprio verso quella parte del viso. L’età anagrafica si miscela spesso con quella “desiderata”: in questi casi, allungare gli incisivi centrali aiuta a sembrare più giovani, effetto che si ottiene anche schiarendo la tinta dei denti con una procedura di sbiancamento o con le faccette. Al contrario, un sorriso piatto o dalla tinta spenta fa sembrare più vecchi anche se gli altri tratti del viso sono ancora giovanili. Le aspirazioni estetiche del paziente sono un altro punto importantissimo: come vogliamo apparire agli altri? Un sorriso dall’impronta sofisticata accentua l’aspetto saggio e maturo di un viso, un sorriso dall’impronta sexy suggerisce passione, un sorriso sportivo energia ed entusiasmo. Il dentista deve valutare tutti questi aspetti per proporre al paziente la soluzione migliore e più adatta alla sua condizione di partenza. Un dentista che si occupa di questa branca dell’odontoiatria ha quasi sempre un vero e proprio amore per l’estetica e per la bellezza del sorriso.

Mag 4 2012

Alta tecnologia e novità in campo implantare
La chirurgia piezoelettrica è una nuova tecnica di osteotomia ( taglio dell’osso) e osteoplastica (rimodellamento dell’osso) nata grazie ad un rivoluzionario apparecchio che utilizza gli ultrasuoni per “tagliare” l’osso con tutte le modalità e in tutte le morfologie che fino ad ora erano state proprie degli apparecchi rotanti.
Il taglio piezoelettrico avviene grazie ad una microvibrazione ultrasonica modulata di soli 60-200 micrometri di ampiezza che è in grado di tagliare I tessuti mineralizzati con grande efficacia nel massimo rispetto dei tessuti molli ai quali non si reca danno neppure in caso di contatto accidentale. Inoltre la cavitazione che è propria del meccanismo ultrasonico favorisce una buona visuale e la vibrazione micrometrica assicura una grande precisione di taglio che permette all’operatore di avvicinarsi notevolmente a strutture di grande delicatezza come il nervo alveolare o la membrana Shneideriana che riveste il seno mascellare.

E’ ovvio che per padroneggiare la tecnica si richiede una curva di apprendimento di lunghezza variabile in funzione della manualità e dell’esperienza dell’operatore nell’utilizzo di questa sofisticata apparecchiatura che è nata grazie alla brillante intuizione di un medico genovese e del suo fratello ingegnere.

Mag 4 2012

La visita rappresenta il momento irrinunciabile per poter fare una diagnosi ortodontica:

Se la valutazione clinica non ravvisa alcun tipo di anomalia l’ortodontista può decidere di rivedere il bambino negli anni successivi per verificare nel tempo il corretto sviluppo della dentatura e l’entità e direzione di crescita delle strutture scheletriche del complesso cranio-facciale. In alcuni casi può richiedere ugualmente una radiografia delle arcate dentarie (ortopantomografia) per verificare presenza e posizionamento degli elementi permanenti non ancora erotti. In questa occasione l’ortognatodontista deve comunque fornire utili consigli per l’igiene orale e la prevenzione delle affezioni del cavo orale.

Nel caso si evidenzi una situazione anomala egli procederà ad un’accurata analisi strumentale, al fine di elaborare un piano di trattamento personalizzato. Lo studio del caso si avvarrà dell’ausilio di modelli in gesso delle arcate dentali, di fotografie (dentali e facciali) e di radiografie dei denti e del cranio (teleradiografia).

Il clinico potrà decidere di intervenire immediatamente (trattamento intercettivo precoce) oppure tenere sotto osservazione il piccolo paziente per un trattamento più tardivo (controlli ogni 3-6 mesi). Nel caso decida di intervenire immediatamente lo specialista potrebbe proporre una seconda fase di terapia in dentizione mista tardiva o permanente. In molti casi un intervento precoce raggiunge un risultato che non è possibile ottenere dopo che la crescita è ultimata. In rari casi, ma pur sempre presenti, si può rendere necessario un intervento del chirurgo maxillo-facciale; si tratta di situazioni in cui il difetto di crescita assume aspetti particolarmente gravi.

Mag 4 2012

La placca dentale

I denti non sono lisci come sembrano. Al microscopio, infatti, lo smalto si rivela pieno di rugosità e sporgenze. E’ proprio in queste irregolarità che, dopo qualche ora dallo spazzolamento, si annidano i primi batteri di forma sferica e dopo qualche giorno quelli a forma di bastoncello. Questi si riproducono organizzandosi nella cosiddetta placca battericache risulta praticamente invisibile.

Tuttavia, il colorante delle pastiglie rivelatrici può facilmente portarla alla luce.

La placca si annida negli anfratti, ai colletti in prossimità della gengiva e negli spazi tra dente e dente. Riproducendosi,forma degli acidi che intaccano lo smalto dando inizio alla carie, a patologie della gengiva e del legamento parodontale. Unico rimedio è la sua rimozione con una pulizia costante ed accurata. Nel tempo la placca non rimossa si mineralizza (quindi si indurisce), diventando tartaro, che continua a formarsi addentrandosi sotto la gengiva ed irritandola sempre di più. Il tartaro può essere rimosso solo dal dentista o dall’igienista dentale dopo aver frequentato corsi universitari.

Apr 12 2012

Un problema emergente di interesse medico multidisciplinare, sconosciuto fino all’ultimo decennio del Novecento, che negli ultimi anni ha avuto forte risonanza anche nel mondo odontoiatrico è quello dell’osteonecrosi delle ossa mascellari. Tale fenomeno rappresenta una potenziale reazione avversa ai farmaci appartenenti alla classe dei bifosfonati contenenti azoto (aminobifosfonati). Sebbene le attuali evidenze scientifiche non sostengano l’esistenza di un rapporto causa-effetto tra l’assunzione del farmaco e la comparsa della malattia, numerosi studi epidemiologici e sperimentali confermano la forte associazione tra la terapia farmacologica con bifosfonati IV (soluzione iniettabile) e lo sviluppo dell’osteonecreosi dei mascellari. I bifosfonati IV sono dunque considerati il maggior fattore di rischio per l’insorgenza della malattia e l’incidenza cumulativa è stimata tra lo 0.8% e il 12%. Il rischio complessivo di sviluppare tale patologia per i pazienti sottoposti a terapia con aminobifosfonati non è tutt’oggi ben definito; tuttavia è possibile affermare, sulla base di studi epidemiologici ed osservazioni cliniche, che il rischio è più alto per i pazienti ai quali il farmaco viene somministrato per via endovenosa piuttosto che per via orale. I criteri diagnostici introdotti dall’ American Association of Oral and Maxillofacial Surgeons per l’osteonecrosi dei mascellari associata ai bifosfonati prevedono la concomitanza di tre fattori: l’attuale o pregresso trattamento col farmaco, l’esposizione di tessuto osseo nel distretto maxillofacciale per più di otto settimane senza anamnesi positiva per terapia radiante delle ossa mascellari.

AMINOBIFOSFONATI

I bifosfonati ed in particolare gli aminobifosfonati sono farmaci ad alta affinità per il calcio circolante ed il calcio presente sulla superficie ossea che permangono per molti anni nel tessuto osseo. Essi sono potenti inibitori del riassorbimento osseo e del rimodellamento osseo in quanto bloccano il differenziamento e l’attività enzimatica (degradazione del collagene) degli osteoclasti. Ad elevate concentrazioni sono in grado di indurre l’apoptosi degli osteoclasti.

INDICAZIONI TERAPEUTICHE:

  • Trattamento dell’osteoporosi
  • Morbo di Paget
  • Metastasi ossee di tumori solidi
  • Mieloma Multiplo
  • Ipercalcemia Maligna

 

Alcuni aminobifosfonati somministrati a determinate concentrazioni sono in grado di inibire l’angiogenesi e di avere dunque un effetto antitumorale diretto.

FATTORI DI RISCHIO PER LA COMPARSA DELL’OSTEONECROSI:

 

FATTORI DI RISCHIO DIPENDENTI DAL FARMACO

 

  • Potenza

 

Nome commerciale Principio attivo Potenza relativa
Fosamax Alendronato 1.000
Actonel Risendronato 5.000
Boniva Ibandronato 10.000
Aredia Pamindronato 100
Zometa Acido zolendrico 100.000
Reclast Acido zolendrico 100.000

 

  • Durata della terapia
    Una maggiore durata della terapia è associata ad un aumento del rischio, in particolare nel caso in cui essa superi i tre anni. Il rischio per i pazienti è dell’1% nel primo anno di cure e sale all’11% dopo 4 anni. Per i pazienti che hanno assunto esclusivamente zoledronato il rischio a 3 anni è del 21%.

 

  • Associazione di due o più aminobifosfonati
    La somministrazione combinata di zoledronato e pamidronato aumenta il rischio di 10 volte.

 

 

FATTORI DI RISCHIO LOCALI

 

  • Chirurgia dentoalveolare (estrazioni, interventi di implantologia, chirurgia periapicale)
    I pazienti trattati con bifosfonati IV se sottoposti a chirurgia dentoalvelare presentano un rischio di almeno 7 volte superiore di sviluppare osteonecrosi.
  • Anatomia locale (tori mandibolari, linea miloioidea, tori palatini)
    Le strutture mandibolari risultano colpite più frequentemente da osteonecrosi con rapporto di 2:1 rispetto a quelle mascellari e soprattutto in corrispondenza delle zone mucose che ricoprono prominenze ossee.
  • Concomitanza di patologie orali (ascessi dentali e parodontali)I pazienti ammalati di cancro e trattati con bifosfonati IV con anamnesi positiva per lesioni orali presentano un rischio 7 volte superiore di sviluppare osteonecrosi.

 

 

 

FATTORI DI RISCHIO DEMOGRAFICI E SISTEMICI

 

  • Età
    I pazienti colpiti da osteonecrosi sono in genere di età superiore ai 40 anni in quanto i bifosfonati vengono prescritti a persone affette da patologie che interessano prevalentemente la popolazione adulta. Con il procedere dell’età comunque aumenta anche il rischio di osteonecrosi.
  • Malattie sistemiche (diabete, obesità, insufficienza renale, anemia)
    La presenza di queste patologie aumenta il rischio di osteonecrosi.
  • Terapie farmacologiche associate (glucocorticoidi, ciclofosfamide, eritropoietina, ranitidina IV)
    Aumentano il rischio di osteonecrosi. L’assunzione cronica di glucocorticoidi, in particolare, inibisce la deposizione di matrice osteoide da parte degli osteoblasti e ne provoca l’apoptosi con conseguente osteoporosi secondaria. Il prednisone aumenta la biodisponibilità di alendronato dal 20 al 44%. L’assunzione di chemioterapici, invece, induce uno stato di neutropenia responsabile di una maggiore suscettibilità alle infezioni del cavo orale. La ranitidina IV aumenta la biodisponibilità del 100% di aledronato e del 20% di ibandronato.
  • Tabagismo
    Aumenta il rischio di osteonecrosi.

 

FATTORI DI RISCHIO GENETICI

 

Il polimorfismo di un singolo nucleotide del gene 2C del citocromo P450 è associato ad aumento del rischio di osteonecrosi nei pazienti ammalati di mieloma multiplo trattati con bifosfonati IV.

DIAGNOSI:

 

DIAGNOSI CLINICA DI OSTEONECROSI

Gli aspetti clinici dell’osteonecrosi dei mascellari sono dati dall’esposizione di tessuto osseo non vitale di colorito bianco-giallastro circondato da mucosa infiammata ed edematosa nel cavo orale che può essere preannunciata dalla sensazione imprecisa di dolore o di disagio nella zona coinvolta. In assenza di evidenze cliniche e radiografiche di reazioni infiammatorie, metaboliche, cistiche o neoplastiche, elemento differenziale di diagnosi precoce è appunto la sensazione di dolore riferito dai pazienti, sottoposti, anche in tempi non recenti, a terapia con bifosfonati, in corrispondenza di elementi dentari o di zone edentule del mascellari. L’osteonecrosi si manifesta generalmente in conseguenza di manovre traumatiche a carico dell’osso (es. estrazioni dentarie) sebbene siano stati osservati e documentati casi di insorgenza spontanea (40%) soprattutto in corrispondenza di tori palatini e mandibolari. La sede più frequentemente colpita è la mandibola. Il mascellare superiore può essere tuttavia interessato ed alcuni pazienti possono presentare un quadro di osteonecrosi multifocale delle ossa mascellari. Prima di arrivare alla necrosi ossea sono identificabili segni e sintomi tipici di una qualsiasi infezione odontogena (dolore, edema ed ulcerazione delle mucose, mobilità dentaria) che possono dunque allertare lo specialista ed indirizzarlo verso una diagnosi precoce. Nello stadio avanzato della patologia si può osservare la presenza di foci infiammatori ed infettivi (osteomielite suppurativa), fratture patologiche, fistole cutanee, fistole antrali orali e nasali, che contribuiscono ad aggravare il quadro sintomatologico.

 

STADIAZIONE CLINICA

Stadio Descrizione
A rischio Assenza di evidenze cliniche e sintomi in pazienti trattati con bifosfonati (via orale, endovenosa o intramuscolare)
Stadio 0 Assenza di evidenze cliniche e presenza di sintomi aspecifici e reperti clinici o radiografici sospetti
Stadio 1 Presenza di esposizione ossea in assenza di sintomi
Stadio 2 Presenza di esposizione ossea associata a dolore, infiammazione o infezione dei tessuti
Stadio 3 Presenza di esposizione ossea associata a dolore, infiammazione o infezione dei tessuti e presenza di uno o più dei seguenti reperti clinici: fratture patologiche dell’osso alveolare, fistole extraorali, comunicazione antrale oro-nasale, osteolisi del bordo inferiore della mandibola o del pavimento del seno mascellare

 

DIAGNOSI RADIOGRAFICA

Negli stadi iniziali dell’osteonecrosi possono osservarsi lievi o insignificanti cambiamenti dell’architettura ossea all’esame radiografico panoramico o endorale periapicale. Gli effetti della terapia farmacologica conducono ad un incremento sistemico della densità minerale ossea che coinvolge le ossa mascellari in modo uniforme. E’ pertanto impossibile rilevare radiograficamente un aumento della radiopacità di singoli segmenti ossei, come accade nel caso delle più comuni patologie ad insorgenza focale. Col procedere della malattia e l’esposizione dell’osso nel cavo orale, la superinfezione batterica e i processi di demineralizzazione locale dell’osso possono generare un caratteristico aspetto radiografico discontinuo dato dall’alternanza di zone radiopache e zone radiotrasparenti che può sollevare il sospetto di un processo osteolitico in atto (osteomielite, metastasi ossee, linfoma dell’osso). Negli stadi avanzati della malattia il processo di osteonecrosi può portare alla formazione di sequestri ossei riconoscibili radiograficamente per il tipico aspetto sclerotico o screziato di un segmento osseo circondato da un alone di radiotrasparenza. Due importanti elementi di diagnosi radiografica precoce, che, se positivi, dovrebbero allertare l’odontoiatra nei confronti di un crescente rischio di osteonecrosi non ancora riscontrabile clinicamente, sono il reperto di un alveolo che in seguito ad estrazione dentale non si riempie di osso nei tempi previsti e di un’evidente lamina dura residua.

 

DIAGNOSI ISTOPATOLOGICA
Osso necrotico privo di osteociti e di osteoclasti circondato da tessuto di granulazione con o senza raccolte ascessuali. Non sono mai state ritrovate metastasi in corrispondenza dell’osso osteonecrotico e dei tessuti molli circostanti ad eccezione del mieloma multiplo che però è considerato un tumore maligno primitivo dell’osso e non una lesione metastatica.

 

DIAGNOSI STRUMENTALE
Lo studio dei markers biochimici del turnover osseo consente di valutare con un metodo non invasivo sia le alterazioni del metabolismo osseo e la risposta del paziente alla terapia farmacologica che la variazione di concentrazione dei markers stessi in caso di sospensione del farmaco. Essi consistono in:

  • Makers di attività osteoblastica (indicano l’entità dell’apposizione ossea):
    1. Osteocalcina sierica (sintetizzata da osteoblasti e odontoblasti)
    2. Fosfatasi alcalina sierica dell’osso (isoenzima presente sulla membrana degli osteoblasti)
    3. Sialoproteina ossea sierica
  • Markers di attività osteoclastica (indicano il riassorbimento osseo)1. C-telopeptide del collagene tipo I CTX (prodotto di degradazione del collagene ad opera degli osteoclasti) sierico e prelevato dalle urine
    2. N-telopeptide del collagene tipo I NTX sierico e prelevato dalle urine
    3. Deossipiridinolina urica

 

Altri markers del rissorbimento osseo, come la piridinolina urica, l’idrossiprolina urinaria, la fosfatasi acida tartrato-resistente del siero, non sono osso-specifici in quanto reperibili in tessuti diversi dall’osso e pertanto considerati indicatori poco attendibili del metabolismo osseo. I markers del riassorbimento osseo vanno impiegati con grande interesse nel monitoraggio dei pazienti sottoposti alla terapia con aminobifosfonati in quanto validi indicatori sia dell’efficacia della terapia che del rischio di osteonecrosi dei mascellari.
GESTIONE DEI PAZIENTI TRATTATI CON AMINOBIFOSFONATI
PREVENZIONE DELL’OSTEONECROSI
Premesso che l’esposizione ai bifosfonati e le procedure dentoalveolari rappresentano i due maggiori fattori di rischio per lo sviluppo dell’osteonecrosi dei mascellari, una forma di prevenzione della patologia può essere quella di sottoporre i pazienti ad un accurato esame orale ed extra orale comprensivo di indagine radiografica e di concentrare l’esecuzione di tutti i trattamenti odontoiatrici necessari per ripristinare la salute orale, dei tessuti molli e duri, ad un’epoca antecedente all’inizio della terapia farmacologica. Recenti studi hanno infatti dimostrato che tale approccio terapeutico può efficacemente ridurre ma non eliminare il rischio di osteonecrosi. Nel caso di terapie con bifosfonati somministrati per via orale, qualora le condizioni di salute generale lo consentissero ed il paziente necessitasse di interventi chirurgici dentoalveolari, si potrebbe ipotizzare la sospensione del farmaco da tre mesi prima a tre mesi dopo il trattamento odontoiatrico allo scopo di ridurre il rischio di osteonecrosi. Sebbene l’efficacia della sospensione del farmaco (drug holiday) sia ancora da dimostrare per mezzo di studi prospettici a lungo termine, i risultati relativi allo studio delle fluttuazioni della funzione osteoclastica relativamente alla somministrazione di bifosfonati hanno dunque suggerito la possibilità di considerare la validità di tale approccio.
OBIETTIVI

  • Mantenere una buona qualità di vita attraverso:1. controllo del dolore
    2. controllo delle infezioni secondarie dei tessuti molli e duri
    3. prevenzione dello sviluppo di nuove aree di necrosi
  • Non interrompere le cure oncologiche nei pazienti in terapia con bifosfonati IV che hanno la capacità di controllare bene il dolore osseo e di ridurre l’insorgenza di complicanze a carico dell’apparato scheletrico

STRATEGIE TERAPEUTICHE
PAZIENTI CHE DEVONO INIZIARE BIFOSFONATI IV
Lo scopo della terapia è di ridurre il rischio di osteonecrosi delle ossa mascellari. Se le condizioni generali di salute del paziente lo consentono, l’inizio della terapia farmacologica andrebbe rimandato fino a quando lo stato di salute orale (di tutti gli elementi dentari presenti, dei tessuti parodontali e dei tessuti molli) non raggiunga risultati ottimali. I denti non salvabili e quelli con prognosi incerta andrebbero estratti. Nel caso di estrazioni dentarie, sarebbe preferibile attendere la riepitelizzazione del sito estrattivo (14-21 giorni) o il raggiungimento di un’ adeguata guarigione ossea prima di cominciare la terapia farmacologica. I pazienti portatori di protesi totale o parziale andrebbero esaminati attentamente per rilevare l’eventuale presenza di zone mucose sottoposte a traumatismo ed intervenire per ridurre tali sollecitazioni. Profilassi, controllo della carie, odontoiatria conservativa e motivazione del paziente sono strumenti fondamentali per mantenere la salute degli elementi dentari rimanenti.
PAZIENTI IN TERAPIA CON BIFOSFONATI ORALI IN ASSENZA DI SINTOMI
La chirurgia dentoalveolare può essere praticata a questi pazienti che devono in maniera categorica essere informati del rischio, seppur basso, di sviluppare un’osteonecrosi dei mascellari. I pazienti appartenenti a questo gruppo presentano un rischio molto inferiore di sviluppare osteonecrosi dei mascellari, rispetto a quelli in terapia con bifosfonati IV e, in caso di malattia, sono colpiti da lesioni necrotiche meno estese e rispondono prontamente alla terapia stadio-specifica. Lo studio dei markers del turnover osseo e la temporanea sospensione della terapia farmacologica, possono essere di ulteriore aiuto nella fase decisionale. In questi pazienti l’osteonecrosi può manifestarsi spontaneamente o in seguito a minimo trauma ed il rischio tende ad aumentare nei casi di terapie con bifosfonati orali che superano i tre anni. Le linee guida per la gestione di questi pazienti prevedono due diverse strategie terapeutiche:

  • I pazienti in terapia da meno di 3 anni e senza fattori di rischio clinici possono essere sottoposti a tutti gli interventi di chirurgia orale, parodontale e maxillofacciale. Nel caso in cui vengano posizionati degli impianti in titanio, il paziente deve essere informato della possibilità di osteonecrosi o di fallimento dell’intervento stesso.
  • I pazienti in terapia da meno di 3 anni che assumono corticosteroidi e i pazienti in terapia da più di 3 anni che assumono o no corticosteroidi devono praticare la sospensione della terapia per almeno 3 mesi prima della chirurgia orale, se le condizioni generali lo consentono, fino a che non si abbia la guarigione ossea.

PAZIENTI IN TERAPIA CON BIFOSFONATI IV IN ASSENZA DI SINTOMI
Il mantenimento di un’adeguato regime di igiene orale e le cure odontoiatriche non invasive rappresentano il miglior compromesso per la prevenzione di patologie orali e parodontali che potrebbero poi richiedere un intervento chirurgico. Tutte le manovre che possono direttamente traumatizzare l’osso andrebbero evitate. I denti non restaurabili andrebbero decoronati e devitalizzati. Interventi di implantologia andrebbero evitati.

PAZIENTI IN TERAPIA CON BIFOSFONATI ORALI CON OSTEONECROSI
L’osteonecrosi relativa ai bifosfonati orali è una reazione avversa meno comune e meno severa capace di risoluzione spontanea delle lesioni nel 50% dei casi trattati con protocollo di sospensione della terapia farmacologica (drug holiday) associato al test del telopeptide C-terminale del collagene tipo I (CTX) prelevato dal siero. Tale test misura la soppressione del turnover osseo saggiando un frammento del collagene tipo I (principale componente della matrice ossea organica) costituito da otto aminoacidi che viene tagliato dalla collagenasi osteoclastica nella fase di riassorbimento osseo. Esso pertanto rappresenta un indice di funzione osteoclastica e del rimodellamento osseo. I valori normali sono superiori a 350 pg/mL. Quantità inferiori a 100 pg/mL sono indicative di rischio elevato, quantità comprese tra 100 e 150 pg/mL sono indicative di rischio moderato, quantità superiori a 150 pg/mL sono indicative di assenza di rischio o di basso rischio. Il test CTX ha esclusiva validità per i pazienti non oncologici e per quelli oncologici privi di metastasi ossee e non risulta attendibile se praticato su pazienti affetti da malattia reumatica sottoposti a terapie con metatrexato, prednisone o raloxifene. Il restante 50% dei casi necessita di rimozione del tessuto necrotico.

PAZIENTI IN TERAPIA CON BIFOSFONATI IV CON OSTEONECROSI
L’osteonecrosi dei mascellari relativa all’assunzione di bifosfonati IV (somministrazione endovenosa) è una reazione avversa più comune, di estensione maggiore, con maggiore perdita di tessuti molli e più difficile da trattare rispetto all’osteonecrosi relativa all’assunzione di bifosfonati orali. Ciò è dovuto alla maggiore potenza dei bifosfonati IV che legano più rapidamente il calcio e si accumulano in misura maggiore nel tessuto osseo. Inoltre va considerato che i soggetti trattati con questi farmaci sono pazienti oncologici sottoposti anche a terapie corticosteroidee e chemioterapiche che potenziano la vulnerabilità del tessuto osseo all’azione dei bifosfonati. Alcuni casi di osteonecrosi sono stati trattati con successo con approccio non chirurgico ed inseriti in un protocollo che prevede cicli di terapia antibiotica sistemica e antisettica locale in grado di mantenere stabile l’esposizione ossea ed ottenere un buon controllo del dolore. Tuttavia taluni casi, dal 3 al 10 %, refrattari alla gestione non chirurgica o quelli soggetti a fratture patologiche, richiedono necessariamente la rimozione chirurgica dell’osso necrotico. In generale l’approccio chirurgico andrebbe riservato ai pazienti appartenenti al terzo stadio clinico cioè quelli che presentano esposizione ossea, sintomatologia dolorosa, fenomeni infiammatori dei tessuti coinvolti e superinfezione batterica o nei casi in cui siano bene definiti i limiti del sequestro osseo. La rimozione chirurgica dei segmenti di osso necrotico deve essere eseguita sotto adeguata copertura antibiotica e nel totale rispetto dei tessuti sani circostanti la lesione.

STADIAZIONE CLINICA E STRATEGIE TERAPEUTICHE

Stadio clinico Strategie terapeutiche
A rischio Nessun trattamento indicato
Stadio 0 Gestione del quadro sistemico e terapia antidolorifica ed antibiotica se necessaria. Approccio conservativo nei confronti dei fattori di rischio locali (lesioni cariose e insulti parodontali)
Stadio 1 Terapia antibatterica del cavo orale (clorexidina 0.12%) e controlli periodici trimestrali
Stadio 2 Terapia antibiotica e antiinfiammatoria sistemica, antibatterica del cavo orale, rimozione superficiale di osso necrotico al fine di alleviare la sofferenza dei tessuti molli
Stadio 3 Terapia antibiotica e antidolorifica sistemica, antisettica del cavo orale. Rimozione chirurgica di osso necrotico al fine di ridurre il dolore ed il rischio di infezione batterica

CONCLUSIONI
L’osteonecrosi dei mascellari è una severa complicanza che può derivare dalla terapia farmacologica con bifosfonati, farmaci prescritti per il trattamento di patologie metaboliche e oncologiche a carico dell’apparato scheletrico. I fattori di rischio che possono contribuire alla comparsa della patologia sono molteplici e relativi sia a condizioni sistemiche che locali. Nel 70-80% dei casi l’osteonecrosi si manifesta con una mancata guarigione o con un ritardo nel processo di guarigione in seguito ad un’estrazione dentaria o a qualsiasi intervento di chirurgia orale. In un numero inferiore di casi si può avere l’insorgenza spontanea della patologia. Le fasi precoci sono prevalentemente asintomatiche e non presentano alterazioni cliniche e radiografiche. Col procedere della malattia il sintomo più comunemente riferito dai pazienti è quello dato da una sensazione sgradevole di intorpidimento e bruciore alla bocca. Una scrupolosa esplorazione della mucosa orale e della regione cutanea del terzo inferiore del volto supportata da indagine radiografica nei pazienti con anamnesi positiva per bifosfonati ci aiuta a riconoscere piccoli segni che possono sollevare il sospetto che vi sia un processo osteonecrotico in atto. Questa fase precede l’osteonecrosi vera e propria pertanto rappresenta un momento importante di diagnosi precoce e prevenzione della patologia. Il management odontoiatrico per i pazienti in attesa di intraprendere una terapia con bifosfonati somministrati per via endovenosa prevede un’accurata valutazione odontostomatologica e l’attuazione di un adeguato piano di trattamento conservativo, parodontale e protesico finalizzato all’eliminazione di possibili fattori di rischio locali predisponenti alla comparsa dell’osteonecrosi. Qualora siano necessari interventi chirurgici e le condizioni sistemiche del paziente lo permettano, la terapia con bifosfonati andrebbe rinviata fino al completamento del processo di guarigione ossea e mucosa. La gestione dei pazienti che giungono alla nostra osservazione in corso di terapia con bifosfonati IV è ispirata all’approccio conservativo ed è volta ad evitare in modo categorico ogni atto cruento che potrebbe fungere da stimolo per il rimodellamento osseo. La valutazione del rischio di osteonecrosi nel caso di pazienti in terapia con bifosfonati assunti per os è decisamente più basso (soprattutto se la terapia dura da meno di 3 anni e non vi sia l’utilizzo concomitante di farmaci corticosteroidei) e permette all’odontoiatra di gestire meglio la cura delle patologie orali e parodontali. La terapia di scelta nel caso dei pazienti che presentano segni e sintomi di osteonecrosi è, infine, mirata a tutelare la qualità di vita di questi soggetti attraverso il controllo del dolore e delle complicanze infettive e disfunzionali. Il protocollo medico prevede cicli di terapia antibiotica ad ampio spettro d’azione e antidolorifica. In caso di necessità si procede chirurgicamente con intervento di rimozione conservativa dell’osso necrotico. In conclusione, si ritiene che, sebbene molti quesiti relativi alla patogenesi, all’epidemiologia, alla suscettibilità individuale, ecc.. rimangano a tutt’ oggi irrisolti, una stretta collaborazione tra odontoiatra, medico generico, oncologo e ortopedico possa realizzare i presupposti per poter operare una valida prevenzione e cura stadio-specifica dell’osteonecrosi delle ossa mascellari associata all’uso di bifosfonati.
BIBLIOGRAFIA

 

R. Marx: Reconstruction of Defects Caused by Bisphosphonate-Induced Osteonecrosis of the Jaws. Journal of Oral and Maxillofacial Surgery, Volume 67, Issue 5, Pages 107-119, 2009.

 

S. Ruggiero, T.B. Dodson, L.A. Assael , R. Landesberg, R.E. Marx, B. Mehrotra: American Association of Oral and Maxillofacial Surgeons Position Paper on Bisphosphonate-Related Osteonecrosis of the Jaws―2009 Update.

 

S. Ruggiero :Bisphosphonate-Related Osteonecrosis of the Jaw (BRONJ): Initial Discovery and Subsequent Development. Journal of Oral and Maxillofacial Surgery, Volume 67, Issue 5, pag. 13-18, 2009.

 

S. Ruggiero, B. Mehrotra, T. J. Rosenberg, S. L. Engroff: Osteonecrosis of the jaws associated with the use of bisphosphonates: a review of 63 cases.Journal of Oral and Maxillofacial Surgery, Volume 62, Issue 5, Pages 527-534, 2004.

 

A. Bamias, E. Kastritis, C. Bamia, L. A. Moulopoulos: Osteonecrosis of the jaw in cancer after treatment with bisphosphonates: incidence and risk factors. J Clin Oncol 23:8580, 2005.

 

S. Ruggiero, J. Fantasia, E. Carlson: Bisphosphonate-related osteonecrosis of the jaw: background and guidelines for diagnosis, staging and management.Oral Surg Oral Med Oral Path Oral Radiol Endod 102(4):433-41, 2006.

 

M. A. Dimopoulos, E. Kastritis, C. Bamia, I. Melakopoulos, D. Gika, M. Roussou, M. Migkou, E. Eleftherakis-Papaiakovou, D. Christoulas, E. Terpos, A. Bamias: Reduction of osteonecrosis of the jaw (ONJ) after implementation of preventive measures in patients with multiple myeloma treated with zoledronic acid. Annals of Oncology 2009 20(1):117-120.

 

E. R. Carlson, J. D. Basile: The Role of Surgical Resection in the Management of Bisphosphonate-Related Osteonecrosis of the Jaws. J Oral Maxillofacial Surg 67:85, 2009.

 

J.E. Fantasia: Bisphosphonates—What the Dentist Needs to Know: Practical Considerations. J Oral Maxillofacial Surg 67: 53-60, 2009.

 

S. B. Woo, J.W. Hellstein, J.R. Kalmar: Systematic Review: Bisphosphonates and Osteonecrosis of the Jaws Ann Intern Med. 2006;144:753–761

 

D.B. Kimmel: Mechanism of Action, Pharmacokinetic and Pharmacodynamic Profile, and Clinical Applications of Nitrogen-containing Bisphosphonates. Journal of Dental Research, Vol. 86, No. 11, 1022-1033, 2007.

 

S.L. Ruggiero, S.J. Drew: Osteonecrosis of the Jaws and Bisphosphonate Therapy. Journal of Dental Research, Vol. 86, No. 11, 1013-1021, 2007


Apr 12 2012

S.Amato*,M.Mazzullo*,G.Compagno*,M.Milioto*
*U.O.Dermatologia MTS,ARNAS Osp.Civico,Pa

La malattia celiaca è un’enteropatia cronica caratterizzata da atrofia dei villi intestinali derivante da una condizione d’intolleranza permanente al glutine. La forma “classica” insorge generalmente tra il III ed il IV trimestre di vita ed è caratterizzata dalla prevalenza dei sintomi intestinali: diarrea cronica, arresto della crescita, pallore, vomito, distensione addominale ed irritabilità.

La forma cosiddetta ”atipica”, invece, insorge in età adulta ed è caratterizzata da un più frequente
interessamento delle sedi extraintestinali con manifestazioni di tipo autoimmune (diabete insulinodipendente,
dermatite erpetiforme, displasia dello smalto dentario) o di ordine nutrizionale (anemia,
bassa statura). La malattia celiaca, inoltre, sembra potersi mantenere asintomatica per la gran
parte della vita in forma “silente”, spesso con grave stato di compromissione del soggetto
portatore. La patogenesi della malattia ancora non è del tutto chiara anche se la teoria più
accreditata attribuisce il danno intestinale alla componente cellulo-mediata.

La diagnosi si basa su:

  • quadro clinico compatibile;
  • alterazione degli esami sierologici e strumentali, in particolare la ricerca degli anticorpi antigliadina (AGA) di classe IgA ed IgG, anti-endomisio, test di assorbimento intestinale, test di permeabilità intestinale, test di stato nutrizionale, anticorpi diretti contro strutture di tipo connettivale;
  • dimostrazione della tipica lesione istologica intestinale (atrofia dei villi, iperplasia delle cripte, infiltrazione da parte di linfociti);
  • remissione dei sintomi e degli esami di laboratorio con dieta senza glutine;
  • ricomparsa delle tipiche lesioni istologiche ed immunologiche, anche in assenza sintomi clinici, a breve tempo di distanza dalla sospensione della dieta.

LA CELIACHIA NEL BAMBINO

Sintomi e segni clinici che fanno sospettare una malattia celiaca in età pediatrica sono:

  • Diarrea
  • Vomito
  • Distensione addominale
  • Diminuzione del pannicolo adiposo (glutei a borsa di tabacco)
  • Anoressia
  • Irritabilità
  • Arresto della crescita
  • Calo ponderale

MANIFESTAZIONI CUTANEE

L’espressione cutanea della Malattia Celiaca sinsu strictu è abbastanza limitata e consistente
prevalentemente in:

  • Xerosi
  • Dermatite eczematoide
  • Papule eritematose
  • Lesioni vescicolari e vescico-bollose
  • Placche orticarioidi
  • Erosioni e lesioni crostose
  • Porpora da angiopsatirosi (fragilità capillare)
  • Diradamento annessi piliferi (Lichen plano-pilare?)
  • Telogen effluvium
  • Alopecia
  • Vitiligine
  • Discromie
  • Dermatosi “Atopic-like”
  • Edema delle caviglie
  • Erythema Elevatum Diutinum (associazione frequente)
  • Dermatosi pustolosa amicrobica (associazione)
  • Psoriasi (associazione)
  • Dermatosi a IgA lineari (associazione)
  • Dermatite Erpetiforme

Altre manifestazioni:

  • Mucosa buccale: stomatiti ricorrenti con afte
  • Ipoplasia dello smalto (facilità alle carie)
  • Prurito anale
  • Manifestazioni ginecologiche
a creativeleds.com wordpress design

torna su